A volte la voce viene accostata a uno strumento, capace di trasmettere sonorità, sensi musicali al di là delle parole, oltre ogni significato riconoscibile. Ma nello spettacolo «Tamburo è voce… Battiti di un cantastorie» sembra accada l’opposto: è lo strumento, il tamburo a farsi voce, con il suo ritmo reso malleabile, flessibile, pronto a partecipare al racconto di tante storie. Nando Brusco – autore e protagonista – narra, canta e… suona. Tamburi, per lo più con sonagli, di differenti dimensioni, anche molto grandi, utilizzati in verticale, con la mano che scorre veloce sulla superficie producendo sonorità diverse, anche di tempesta, di mare minaccioso, e sa sapendo però anche addolcire il movimento che da rapido e convulso si fa più quieto, morbido, moderato. Così si compone un delicato e struggente mosaico di storie di Calabria: “In questa terra non c’è più memoria”. Miti e riti, avventure di mare e ribellioni di terra, ricordi personali e ricerche. La formazione delle ciurme, la paura delle madri, delle mogli che, ben conoscendo quanto grandi e rapidi fossero i pericoli, pronunciavano precise parole, compivano gesti propiziatorii. La leggenda di Locri, il fondamentale ruolo delle donne venute da Oriente: “Se dovessi dare un nome alla mia terra la chiamerei Maria”. La continua emigrazione dalle terre del Sud, le lotte contadine, i fatti di ‘Melissa’.
A volte la voce viene accostata a uno strumento, capace di trasmettere sonorità, sensi musicali al di là delle parole, oltre ogni significato riconoscibile. Ma nello spettacolo «Tamburo è voce… Battiti di un cantastorie» sembra accada l’opposto: è lo strumento, il tamburo a farsi voce, con il suo ritmo reso malleabile, flessibile, pronto a partecipare al racconto di tante storie. Nando Brusco – autore e protagonista – narra, canta e… suona. Tamburi, per lo più con sonagli, di differenti dimensioni, anche molto grandi, utilizzati in verticale, con la mano che scorre veloce sulla superficie producendo sonorità diverse, anche di tempesta, di mare minaccioso, e sa sapendo però anche addolcire il movimento che da rapido e convulso si fa più quieto, morbido, moderato. Così si compone un delicato e struggente mosaico di storie di Calabria: “In questa terra non c’è più memoria”. Miti e riti, avventure di mare e ribellioni di terra, ricordi personali e ricerche. La formazione delle ciurme, la paura delle madri, delle mogli che, ben conoscendo quanto grandi e rapidi fossero i pericoli, pronunciavano precise parole, compivano gesti propiziatorii. La leggenda di Locri, il fondamentale ruolo delle donne venute da Oriente: “Se dovessi dare un nome alla mia terra la chiamerei Maria”. La continua emigrazione dalle terre del Sud, le lotte contadine, i fatti di ‘Melissa’.
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