PENALITÀ E GIUSTIZIA RIPARATIVA: MA RIPARARE CHE COSA?

In tempi di populismo penale e di “marcire in galera”, una strada possibile per una giustizia penale più conforme alla nostra Costituzione è sembrata essere la giustizia riparativa. Un “nuovo” paradigma della penalità che mette al centro del rituale giudiziario la vittima e la comunità entro la quale il reato è stato commesso. Si tratta veramente qualcosa di nuovo o riemergono invece pulsioni emotive del passato?

Gli illuministi, in primis Cesare Beccaria, avevano provato ad introdurre nella penalità moderna elementi di fredda razionalità con cui legittimare il monopolio della giustizia statuale, controllata dai principi del garantismo penale.

Oggi quella freddezza non ci pare sufficiente a placare quella calda “passione del punire” di cui ci ha parlato Didier Fassin. Una di quelle “passioni tristi” ormai dominanti nella società occidentale, transitata dal futuro-promessa al futuro-minaccia, che possono snaturare una giustizia riparativa che non abbia ben chiaro che cosa occorre riparare, nel senso latino del repatriare, tornare in patria, al sicuro.

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