Alessandro Haber e Alberto Onofrietti ci portano nella mente di Zeno Cosini. La coscienza di Zeno è un romanzo difficile da adattare. La struttura del testo non segue una trama lineare, ma è un continuo rincorrersi di pensieri, sensazioni e ricordi, che si mescolano e si confondono nella mente di Zeno. Lo spettacolo, si concentra sul dualismo tra il passato e il presente, e offre uno spunto interessante di riflessione sul tema della coscienza e del cambiamento.
Il protagonista è un uomo diviso tra la consapevolezza dei propri fallimenti e il desiderio di migliorarsi. La scelta di avere due attori che interpretano Zeno in fasi diverse della vita è la chiave di lettura più efficace di questo adattamento teatrale. Alessandro Haber interpreta Zeno adulto, un uomo nevrotico, consapevole dei propri difetti, ma incapace di cambiarli. La sua performance è profonda, emotiva, con momenti di grande introspezione, riuscendo così a rappresentare l’incapacità di Zeno di superare il passato. Alberto Onofrietti, nel ruolo del giovane Zeno, è l’esatto opposto: un uomo ancora pieno di speranze, confuso ma non rassegnato, pieno di vitalità tanto da risultare più impulsivo. Il contrasto tra i due Zeno, che coesistono in scena, rappresenta il conflitto interno che definisce il personaggio: il desiderio di cambiamento che si scontra con la consapevolezza di un destino inevitabile.
Anche le relazioni di Zeno con le donne della sua vita sono fondamentali per comprendere la sua psicologia. La moglie, Augusta, interpretata da Meredith Airò Farulla, è una figura di distacco e infelicità, rappresenta una donna che, pur nella sua apparente serenità, non è mai veramente felice, e il suo rapporto con Zeno riflette la sua stessa condizione di prigionia emotiva. Al contrario Carla, l’amante di Zeno, interpretata da Valentina Violo, porta sul palco un personaggio pieno di passione e desiderio, ma anche di tristezza e insoddisfazione. Lei dà corpo al sogno di Zeno di una vita diversa.
Uno degli aspetti più potenti dello spettacolo è la scenografia, composta principalmente da un enorme occhio posizionato al centro del palco. L’occhio simboleggia la coscienza del protagonista, sempre presente e giudicante. È come se Zeno fosse costantemente sotto osservazione, incapace di sfuggire al suo sguardo interiore, che lo costringe a rimanere intrappolato nelle sue nevrosi. Questo simbolo visivo ha un impatto forte sulla comprensione del personaggio, aggiungendo una dimensione psicologica che rende l’introspezione di Zeno tangibile per il pubblico.
Il ritmo della performance alterna momenti di intensa riflessione a momenti di dialogo, ma, a tratti, la lentezza dei monologhi rallenta l’azione, rischiando di far perdere l’attenzione del pubblico. Tuttavia, la regia cerca di mantenere vivo l’interesse attraverso un buon equilibrio tra introspezione e movimento. La gestione del tempo e della tensione psicologica è, nel complesso, efficace, ma le lunghe pause riflessive rendono lo spettacolo a volte statico.
Sofia Farina