“Dear N,
You were too much.
Too funny.
Not just plain funny but, you know:
silly funny, witty funny,
biting funny, cutting funny, ferocious funny,
despondent funny, frightening funny.
And physical too.
Yes too physical by half.
Too body, body.
Too bodily body to be theatre
and too entertaining to be serious.”
Così inizia la lettera mai recapitata che Wendy Houstoun scrisse al suo amico e collega Nigel Charnock, pochi giorni prima che lui morisse, nell’agosto del 2012. Nigel era stato uno dei fondatori dei DV8 – Physical Theatre negli anni ’80; aveva poi proseguito in solitaria come performer e coreografo, dando vita a una serie di formidabili assoli. Per chi lo ha conosciuto egli era, esattamente come nelle parole di Wendy, “too much”. Con i suoi spettacoli, esplosioni ipercinetiche in cui il canto, la danza, il grido, l’improvvisazione, la finzione e la realtà palpabile della performance restavano sospesi su vuoto abissale, ha allargato le maglie del genere “danza contemporanea” ed è sembrato incarnare alla perfezione quella possibilità dell’arte che David Foster Wallace avrebbe chiamato “failed entertainement” (intrattenimento fallito). In lui tutto era energia, desiderio, volontà. Eppure, come disperatamente ripete nel suo solo One Dixon Road, “there’s nothing else, it’s nothing, nothing”: non c’è nient’altro, niente, niente ha senso.
BEST REGARDS è la lettera che Marco D’Agostin scrive, con 8 anni di ritardo, a qualcuno che non risponderà mai. È un modo per dire: Dear N, I wanted to be too much too (“Caro N, anch’io volevo essere troppo”).
“Dear N,
You were too much.
Too funny.
Not just plain funny but, you know:
silly funny, witty funny,
biting funny, cutting funny, ferocious funny,
despondent funny, frightening funny.
And physical too.
Yes too physical by half.
Too body, body.
Too bodily body to be theatre
and too entertaining to be serious.”
Così inizia la lettera mai recapitata che Wendy Houstoun scrisse al suo amico e collega Nigel Charnock, pochi giorni prima che lui morisse, nell’agosto del 2012. Nigel era stato uno dei fondatori dei DV8 – Physical Theatre negli anni ’80; aveva poi proseguito in solitaria come performer e coreografo, dando vita a una serie di formidabili assoli. Per chi lo ha conosciuto egli era, esattamente come nelle parole di Wendy, “too much”. Con i suoi spettacoli, esplosioni ipercinetiche in cui il canto, la danza, il grido, l’improvvisazione, la finzione e la realtà palpabile della performance restavano sospesi su vuoto abissale, ha allargato le maglie del genere “danza contemporanea” ed è sembrato incarnare alla perfezione quella possibilità dell’arte che David Foster Wallace avrebbe chiamato “failed entertainement” (intrattenimento fallito). In lui tutto era energia, desiderio, volontà. Eppure, come disperatamente ripete nel suo solo One Dixon Road, “there’s nothing else, it’s nothing, nothing”: non c’è nient’altro, niente, niente ha senso.
BEST REGARDS è la lettera che Marco D’Agostin scrive, con 8 anni di ritardo, a qualcuno che non risponderà mai. È un modo per dire: Dear N, I wanted to be too much too (“Caro N, anch’io volevo essere troppo”).
Condividi sui social:
Iscriviti alla newsletter
Sede Legale: Via Imbriani 67
T +39 080 54.14.813
Sede operativa: Via Cardassi 26
T +39 080 55.80.195
F +39 080 55.43.686
70121 Bari – P.IVA 01071540726
info@pugliaculture.it
pugliaculture@pec.it
Copyright© 2010 – 2024