Con Regenland, che potrebbe essere tradotto dal tedesco come paese della pioggia, provo a dare un nome all’immaginario interiore nel quale si sviluppa questo percorso. Toni plumbei e zone di penombra caratterizzano questo sfondo emotivo, che nulla ha però di malinconico, triste o nostalgico, ma indica più che altro il desiderio di voler eludere il bagliore delle cose per volgere lo sguardo altrove, lì dove la luce non penetra così facilmente. Lo potrei paragonare a un rito di esfoliazione: levare via i miei strati luminosi accumulati nel tempo per cercare un confronto con l’oscurità, guidata dal presentimento che solo una volta che il visibile è svanito, l’invisibile può rivelarsi. Attraverso questo processo intendo celebrare il caos, affrontare le piccole morti e, addentrandomi nelle crepe del mio essere, scendere nel punto più buio dove sorge la luce.”
– Elisabetta Lauro –
Con Regenland, che potrebbe essere tradotto dal tedesco come paese della pioggia, provo a dare un nome all’immaginario interiore nel quale si sviluppa questo percorso. Toni plumbei e zone di penombra caratterizzano questo sfondo emotivo, che nulla ha però di malinconico, triste o nostalgico, ma indica più che altro il desiderio di voler eludere il bagliore delle cose per volgere lo sguardo altrove, lì dove la luce non penetra così facilmente. Lo potrei paragonare a un rito di esfoliazione: levare via i miei strati luminosi accumulati nel tempo per cercare un confronto con l’oscurità, guidata dal presentimento che solo una volta che il visibile è svanito, l’invisibile può rivelarsi. Attraverso questo processo intendo celebrare il caos, affrontare le piccole morti e, addentrandomi nelle crepe del mio essere, scendere nel punto più buio dove sorge la luce.”
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