Il regista greco Theodoros Terzopoulos, fra i grandi maestri della ricerca teatrale, si confronta con Aspettando Godot del drammaturgo Samuel Beckett, una delle opere più celebri del “teatro dell’assurdo”, la cui vicenda ruota attorno a un dialogo sterile tra due personaggi sospesi in una situazione d’attesa.
Ambientata nel futuro, la scena presenta un mondo ferito e in rovina, aprendosi a un interrogativo: quali sono le condizioni minime per una vita che valga la pena di essere vissuta? «I personaggi beckettiani – commenta il regista – si muovono in una zona grigia, in un paesaggio del nulla, quello dell’annientamento dei valori umani. […] Il sarcasmo alla ricerca di una fine che non ha fine è l’espressione dominante dei loro esercizi di sopravvivenza. […] Ogni nuovo inizio è la definizione di una nuova fine. Pessimismo estremo. I personaggi tacciono aspettando la rivelazione dell’indicibile, che non si rivela mai. Alcune domande, che riguardano la natura umana e il futuro, forse avranno risposte, la maggior parte però no. Forse alcune arriveranno dagli stessi spettatori. L’arte del teatro esiste e persiste proprio in virtù delle domande senza risposta».