Drammaturgo, attore e teorico, tra i più influenti uomini di teatro del Novecento, Antonin Artaud scrisse
L’ombelico dei limbi non ancora trentenne. Pubblicato nel 1925, il volume raccoglie una serie di testi compositi, nei quali troviamo molti dei temi che andrà a maturare negli scritti successivi: l’alienazione dal mondo, la creazione di un linguaggio nuovo, il dolore della frammentazione dell’identità.
Da qui prende origine la performance di Stefania Tansini, con una messa in scena sempre ad hoc, pensata appositamente per i diversi spazi di presentazione, nei quali il corpo e la voce sono testimonianza lucida dell’angoscia del reale, realtà viva e carnale.
Un percorso performativo che questiona la relazione tra le cose, che scarnifica il luogo e il corpo, che procede in una tensione contraddittoria: da una parte la volontà di liberarsi, di farsi a pezzi, di tenersi fuori dal mondo, dall’altra il desiderio di ricostituzione e di condivisione del tormento del corpo.