L’ERBA DEL VICINO È SEMPRE PIÙ VERDE

Marcello Trevisan, irreprensibile e scrupoloso cassiere di banca, da tempo in aperta crisi matrimoniale, vive un momento di profonda depressione, insoddisfatto del proprio tenore di vita, delle proprie ambizioni e di sua sorella, rea di aver contribuito al peggioramento delle sue insicurezze. In continua ricerca di nuove esperienze di vita, Marcello guarda il mondo e le persone che lo circondano come un fanciullo smanioso di cimentarsi con le attrazioni di un immenso parco giochi; si ritroverà presto soggiogato dalla sindrome dell’”Erba del vicino”, ovvero dalla sopravvalutazione di ogni essere umano diverso da se stesso, e così quel senso di attrazione si trasforma in invidia malsana, e di lì a poco in un’irrefrenabile follia omicida.
IL PIÙ FURBO

Nel folto del bosco un grande e cattivo Lupo incontra la piccola Cappuccetto Rosso e subito elabora (dopotutto lui è il più furbo) un diabolico piano per mangiarsela e, senza esitazioni, corre alla casa della nonna… Sembra l’inizio della favola che tutti conosciamo, almeno finché il Lupo (che si crede davvero il più furbo) non infila la camicia da notte della nonna, con tanto di cuffietta d’ordinanza, ed esce da casa… rimanendo chiuso fuori! Il più furbo è un concentrato di leggerezza e d’ironia che fa ridere e pensare. Il lupo di questa storia suscita simpatia perché, a fronte della sua declamata presunzione “io sono il più forte, il più bello e il più furbo”, si dimostra sgraziato e goffo. Ridere di lui, in cui tutti ci possiamo riconoscere, è ridere di noi, e questo ci fa sentire più umani.Grazie al repertorio di tecniche d’ombra proprie di Teatro Gioco Vita e alla danza ci conduce dentro un mondo dove la dimensione favolistica e quella realistica s’incontrano, producendo un effetto comico proprio della storia raccontata.
IL RESPIRO DEL VENTO

La siccità affligge il popolo degli uomini blu. Il loro lago è secco.L’anziano del consiglio affida ad Alizar un compito: cercare la pioggia e riportare il lago sulla terra.Alizar prima di partire va dalla sua amata Mounia. Promette che l’amerà anche quando sarà lontano, e lei che lo cercherà, anche se dovesse rimanere di lui solo “un respiro”.Alizar arriva in una foresta dove incontra due corvi, per proseguire oltre deve rispondere ad una domanda o pagare: Da dove viene il vento? Non sa rispondere, non ha soldi, e così i corvi chiedono le sue gambe, le braccia, il petto, gli occhi, la bocca, la testa, ma il suo “ultimo respiro”, Alizar lo manda a Mounia sulle ali dell’uccellino azzurro.Nel villaggio degli uomini blu passano gli anni e Mounia aspetta il suo amato, finché una mattina quel piccolo uccellino entrando nella sua stanza con un soffio di vento la sveglia e lei decide di partire a cercare Alizar. Anche Mounia arriva alla foresta e i corvi la accolgono gracchiando la loro domanda. Mounia risponde, senza tentennamenti: – il vento è il respiro di Alizar- I corvi scompaiono ma prima di scomparire lei vede nei loro occhi quello che era accaduto. Restituisce il respiro e Alizar e lui svegliandosi trova davanti a sé una donna anziana, di cui riconosce il sorriso, mentre la bacia e Mounia torna giovane come il giorno che si erano lasciati. Il rito è compiuto: nel villaggio torna la pioggia.
BARBABLÙ E ROSSANA

Barbablù e Rossana ”affonda le radici nella fiaba popolare “Barbablù” di Charles Perrault.Un’attrice-narratrice, mantenendo il sapore originale della fiaba, dà corpo e voce ai due protagonisti: Barbablù e Rossana, appunto, utilizzando alcuni oggetti simbolo.Le rose rosse segnano l’inizio di un amore. La chiave apre la stanza proibita. Le lanterne dorate segnano la strada da non percorrere.E la barba di corde blu ammalia, abbraccia, protegge ma, via via, stringe fino a fare male.Immagini poetiche ed evocative, momenti esilaranti, atmosfere ricche di tensione emotiva, musiche avvolgenti per raccontare una fiaba antica che forse così antica non è.Una storia d’amore? … Forse. O forse una storia come tante. Come tante storie di ogni giorno.“Barbablù e Rossana” insegna ad ascoltarsi e a non lasciarsi manipolare, ribellandosi di fronte a relazioni che soffocano, inibiscono e annullano.Pensiamo sia fondamentale che le donne e gli uomini di domani imparino fin da piccoli “che cos’è l’amor”, inteso come espressione di rispetto, di sincera, reciproca e libera condivisione dei propri sentimenti.
LE CANZONI DI RODARI

Un’aula di scuola, un banco, le sedie, l’attaccapanni, una cartina geografica, una lavagna, i pennarelli, i fogli, ogni cosa racconta – e può raccontare – segreti. Un maestro che suona, canta, insegna, con parole, ukulele, maracas, sonagli, armoniche, flauti e trombette, che le cose di ogni giorno sono spunti preziosi di riflessione e gioco, di didattica e fantasia, di amore per sé e per gli altri.Uno spettacolo-concerto sulle canzoni di Rodari, cantate dall’indimenticabile Sergio Endrigo nel disco Ci vuole un fiore. Un signore di Scandicci, Napoleone, Zucca Pelata e tutti gli altri brani, sono canzoni senza tempo, in cui il gusto per la rima, l’iperbole, le associazioni fantasiose, le musica e il canto, si sposano perfettamente col teatro.Uno spettacolo-lezione di musica e parole, in stile one-man-band, per assaporare canzoni ancora piene di forza letteraria e musicale.Un omaggio al mondo della scuola, agli insegnanti, ai genitori e a tutti quelli che credono che le cose di ogni giorno raccontano segreti a chi le sa guardare ed ascoltare.
LE AVVENTURE DI PESCE GAETANO

Le avventure di Pesce Gaetano è una storia che una nonna Pesce racconta ai suoi 12.000 figli e nipoti, tutte le sere in fondo al mare. È la storia di Gaetano, un pesciolino curioso dalla grande coda che è nato nella sorgente, lassù sulle alte montagne. Prima di addormentarsi guarda il cielo pieno di stelle e sogna di fare un grande viaggio e di andare a scoprire il mondo. Un giorno decide di partire e l’unico modo per andar via dalla sorgente è gettarsi nella cascata … inizia con questo atto di coraggio un viaggio alla scoperta del mondo, dalla cascata arriverà nel ruscello, nel fiume e poi nel mare… Quanti incontri farà Gaetano in questo lungo viaggio, alcuni paurosi altri piacevoli… i pesci grigi, il granchio, l’allodola, l’airone, le lavandaie, il luccio ed infine l’orata, il pesce Lanterna… in questo viaggio Gaetano impara a difendersi, a fare nuovi amici, a non aver paura. Ed alla fine Gaetano ritornerà alla sua casa o continuerà il suo viaggio? Chissà…Lo spettacolo è stato costruito con una tecnica originale che fa interagire differenti linguaggi. Nel cast dello spettacolo ci sono un’artista multimediale che muove i personaggi realizzati in digitale e li fa interagire con l’attrice ed una sand artist che scolpisce, modella, disegna con la sabbia con straordinaria abilità creando ambienti e situazioni che tramite una video camera vengono proiettate in diretta. Giallo Mare Minimal Teatro da oltre trenta anni produce spettacoli con segni grafici, pittorici in digitale che dialogano con il corpo, i gesti e il racconto dell’attore.
ULISSE

«Papà, sei il mio eroe!».Non c’è bambino che non onori di così elevato riconoscimento il proprio padre, eleggendolo campione di forza e bellezza, esempio con cui identificarsi. Un esempio da tramandare. O da tradire.Con il quale fare i conti comunque e sempre, tanto più quando, varcata l’adolescenza, lo sguardo di fanciullo cede l’incanto, l’innocenza e le favole non bastano più ad alimentare il mito.E se tuo padre è un eroe vero, uno che l’eroe lo fa per mestiere? Se per di più porta il nome altisonante di Ulisse, re di Itaca e tu, neanche a dirlo, sei Telemaco…Quante imprese dovrai ancora aspettare prima di poterlo riabbracciare?In che misura la narrazione dello straordinario (l’eroe e le sue gesta) può sostituire il rapporto concreto tra padre e figlio?Lo spettacolo parte da queste basi per raccontare il rapporto a distanza di Ulisse e Telemaco attraverso una polifonia di linguaggi, che si amalgamano con la naturalezza sapiente propria del canto dell’aedo: il linguaggio composito del teatro accoglie e fa propri segni del cinema, del rock, del fumetto e quello senza tempo dei sentimenti. Linguaggi e segni che comunicano potentemente al cuore e alla testa: dei ragazzi non meno che degli adulti, con una profondità che smuove il sorriso, la commozione, la risata. Perché Ulisse non è perfetto e, se il mito è la fonte, la linfa di questa storia, l’umanità – con le sue impurità e debolezze – ne è la sostanza.In questo spettacolo le famose imprese sono un lontano seppur vivido ricordo e l’eroe d’un tempo è ridotto a mendicare ghiaccio per dissetarsi; tuttavia l’affabulazione del nostro eroe ha il potere di un’arcana fascinazione su quanti, ancora, incrociano i suoi passi e le sue visioni.Eppure qualcuno diffida della veridicità dell’incredibile e la stessa Penelope, mentre tesse la tela, matura il distacco; e Telemaco non deve conoscere tutta la verità, “non deve sapere” che quella volta, suo padre, pur di non andare in guerra…
L’OMINO DELLA PIOGGIA

Piove, la finestra è aperta e in casa ci vuole l’ombrello. Che strano questo omino tutto inzuppato: fa uno starnuto ed esce una bolla di sapone. Anzi due. Anzi moltissime bolle di sapone.Ma cosa succede? La casa si riempie di bolle di tutte le dimensioni, minuscole e giganti, schiumose e trasparenti come cristallo. Intanto la pioggia non smette di cadere.E tra poco scenderà pure la neve. Ecciù!L’omino della pioggia è uno spettacolo comico e magico, un viaggio onirico e visuale accompagnato dalla magia delle piccole cose e da spettacolari effetti con acqua e sapone.
FUORI DALL’OMBRA

Passaggio in ombra è il romanzo d’esordio che Maria Teresa Di Lascia pubblica nel 1994. Il libro vince un contrastato Premio Strega l’anno successivo, mentre l’Italia è nel pieno del rivolgimento politico che la porterà alla cosiddetta seconda repubblica. Ma l’autrice, deputata e vicesegretaria del Partito radicale, non può vedere né l’uno né l’altro: muore a soli 40 anni dopo una vita spesa per la politica e per i diritti. Il romanzo diventa subito un caso letterario: una storia della Puglia, del Sud rurale, che viene finalmente letta in tutto il Paese e che racconta e problematizza la condizione di arretratezza del Meridione ma senza risparmiare le critiche ai limiti della modernizzazione. Forse è anche per questo che dopo quella stagione viene praticamente dimenticato. Personaggi femminili potenti e disperati, un paesaggio senza nome, un destino di civiltà in cui antropologia e storia combattono senza mai riuscire a trovarsi dalla stessa parte. È tempo che Maria Teresa Di Lascia esca fuori dall’ombra. Maria Teresa Di Lascia è stata una scrittrice nata a Rocchetta Sant’Antonio nel 1954 e morta a soli quarant’anni dopo aver dato alle stampe per Feltrinelli il romanzo Passaggio in ombra, vincitore del Premio Strega nel 1995. L’autrice racconta un Sud nostalgico e crudele, una arretratezza che sembra insuperabile e quasi antropologica, mentre invece è tutta storica, spiegabile con le vicende di quelle terre del foggiano che ancora oggi stentano ad affermarsi. Di Lascia fu una militante del Partito radicale di Marco Pannella, di cui divenne addirittura vicesegretario, in un tempo in cui le battaglie per i diritti civili vedevano in prima linea quel partito. Fu giornalista, deputata, fondatrice dell’associazione Nessuno tocchi Caino contro la pena di morte. Appassionata oratrice, Maria Teresa Di Lascia sì battè contro la guerra e la fame nel mondo, senza mai dimenticare che la fame dei vicoli di Napoli e quella del Biafra derivava o dalle stesse contraddizioni del modello produttivo e culturale del Capitalismo. Vogliamo raccontare la sua storia, per troppo tempo dimenticata. Vogliamo che il suo Passaggio in ombra venga irradiato dalla luce. Lo facciamo attraverso due momenti strettamente congiunti fra loro: una conversazione storico critica di Lea Durante e un reading di Nunzia Antonino, accompagnata da un fisarmonicista, per il coordinamento di Carlo Bruni.
SGUARDO A SUD

Alessandro Leogrande è stato un intellettuale, scrittore e giornalista morto nel 2017 a soli 40 anni. Si era formato e viveva a Roma ma era di Taranto, e la sua città è stata il punto di partenza per una ininterrotta riflessione sul Sud, che significa poi una riflessione su una galassia di argomenti che vanno dal Mediterraneo al dislivello economico e sociale fra le diverse parti del mondo, alle migrazioni, alla storia d’Italia e tanto altro. Per tenerne vivo il pensiero, e per farlo conoscere anche alle nuove generazioni, proponiamo una conversazione su di lui, sul suo modo di essere, sui temi di cui si è occupato, immaginando che sia presente egli stesso, attraverso alcuni video che ci permetteranno di sentire la sua voce, di vedere il suo volto, di confrontarci da vicino con quel suo modo speciale di leggere i fenomeni, dando vita a una forma nuova di meridionalismo, a volte anche spiazzante. A parlare saranno due persone che lo hanno conosciuto molto bene, che hanno condiviso con lui percorsi di ricerca, ragionamenti, ideali: Maddalena Tulanti, giornalista, direttrice del Corriere del Mezzogiorno Puglia negli anni in cui Alessandro Leogrande ha scritto i suoi articoli, in particolare sull’ex Ilva, e Onofrio Romano, sociologo, professore prima all’Università Bari e ora a Roma Tre dove insegna Sociologia dei mutamenti. Cura l’iniziativa Lea Durante, docente di Letteratura italiana all’Università di Bari.