RI-FIUTO

Siamo in un futuro non molto lontano: una nonna racconta alla sua nipotina la storia di tre amici nati con un dono speciale, un fi¬uto incredibilmente fuori dalla norma! Grazie a questo anomalo “difetto”, i tre avevano deciso di improvvisarsi super eroi metropolitani, per difendere la loro città, e magari il mondo intero, dall’invasione di ri-fiuti abbandonati nelle campagne, per sensibilizzare l’umanità tutta sulla necessità di una coscienza in grado di valorizzare e tutelare il nostro bellissimo eppure maltrattato pianeta Terra! Per attuare il loro disegno, i tre ragazzi sfruttavano il loro fi¬uto infallibile e riportavano al mittente ogni tipo di schifezza inquinante non correttamente differenziata, nella speranza di rieducare quegli animi poco inclini ad apprendere l’arte del riciclo. La tematica affrontata nello spettacolo, oltre a quella del valore dell’amicizia è quella dei ri¬fiuti, non solo intesi come spazzatura ma anche come “rifi¬uti sociali”.
ALICE – TEATRO DELLE FORCHE

Metafora della difficoltà di essere all’altezza delle situazioni che di volta in volta la vita propone, lo spettacolo affronta i temi della crescita e dello sviluppo individuale della protagonista, che oppone alle logiche assurde e incomprensibili del paese delle meraviglie la logica del buon senso. Alice affronta il suo viaggio interiore confrontandosi con archetipi e con oggetti animati, che le pongono non pochi problemi facendole apparire quel mondo delle fiabe non così semplice come lo si immagina ma molto complesso, nel quale “scegliere” determina la condizione di continuare la propria avventura raggiungendo la parte più profonda di sé. Solo il risveglio lenirà e trasformerà la propria esistenza in altro da sé, una persona più matura in grado di leggere la realtà in modi completamente diversi, non più rasserenante ma caleidoscopica. E tutto non sarà più come prima.
COME DIVENTARE RICCHI E FAMOSI DA UN MOMENTO ALL’ALTRO

Il nuovo spettacolo di Emanuele Aldrovandi, autore e regista, è un’acuta e feroce riflessione sul delicato e spesso distruttivo legame tra felicità e realizzazione personale. Dopo L’estinzione della razza umana, Aldrovandi si interroga sulle dinamiche sociali contemporanee, ponendo al centro della narrazione le conseguenze più profonde e intime di una società sempre più orientata alla ricerca del consenso e dell’approvazione immediata. Il fulcro della storia è rappresentato da una madre che, nel suo piano bizzarro per garantire alla giovane figlia un futuro di successo nel mondo dell’arte, è pronta a spingersi oltre ogni limite. Attraverso un linguaggio teatrale tagliente e provocatorio, l’autore mette in scena le contraddizioni di un mondo in cui il confine tra aspirazione e ossessione diventa sempre più labile, invitando a una profonda riflessione sulle derive del desiderio di affermazione.
SETTE A TEBE

La città di Tebe è sotto assedio. Polinice si prepara ad attaccare. Dentro le mura, Eteocle, suo fratello, studia una strategia. I figli di Edipo vanno incontro alla maledizione del padre che li vuole morti, e la città, rappresentata dal coro delle donne, prega e racconta un’alternativa al conflitto. Così Tebe diventa mito e simbolo di una terra sconvolta, del nostro “terribile amore per la guerra”.
PINOCCHIO. Che cos’è una persona?

Davide Iodice nelle sue note spiega che Pinocchio pone la questione del rapporto con la genitorialità; l’ispirazione è connessa al momento in cui Pinocchio ritrova suo padre nella pancia della balena. Geppetto gli dice che tra un po’ la candela si spegnerà e rimarranno al buio. Pinocchio risponde: “E dopo?” e Geppetto non riesce a trovare la risposta, la soluzione la troverà Pinocchio. Questo “dopo” è un po’ la domanda principale che si pone qualsiasi genitore di un ragazzo ‘straordinario’ come preferisco dire, scrive Davide Iodice nelle note, nel senso di extra-ordinario, cioè fuori dall’ordinario. La risposta non spetta solo alla famiglia, ma anche alla società, alla comunità, a chi si occupa di assistenza. Geppetto è un genitore che ha un figlio generato da un pezzo di legno e vuole a tutti i costi renderlo “normale”. Noi che lavoriamo con la diversità e la fragilità, sappiamo come il concetto di normalità sia molto malinteso e pericoloso. Sento l’esigenza, dopo anni, di fare un vero e proprio manifesto per e sulla disabilità. Spesso c’è tanta retorica, tanta carità un po’ penosa. Quello della disabilità è un mondo molto complesso e ricco, c’è una volontà di espressione da parte di questi ragazzi, di essere visti per quello che sono. Ai ragazzi spiego che la “normalità” è il diritto ad avere momenti di felicità, di espressione, di condivisione”.
R. OSA 10 esercizi per nuovi virtuosismi

R.OSA è una performance che si inserisce nel filone poetico di Silvia Gribaudi, coreografa che con ironia dissacrante porta in scena l’espressione del corpo, della donna e del ruolo sociale che esso occupa con un linguaggio “informale” nella relazionale con il pubblico. R.OSA si ispira alle immagini di Botero, al mondo anni 80 di Jane Fonda, al concetto di successo e prestazione. R.OSA è uno spettacolo in cui la performer è una “one woman show” che sposta lo sguardo dello spettatore all’interno di una drammaturgia composta di 10 esercizi di virtuosismo. R.OSA è un‘esperienza in cui lo spettatore è chiamato ad essere protagonista volontario o involontario dell’azione artistica in scena. R.OSA fa pensare a come guardiamo e a cosa ci aspettiamo dagli altri sulla base dei nostri giudizi. Lo spettacolo mette al centro una sfida, quella di superare continuamente il proprio limite. R.OSA è in atto una rivoluzione del corpo, che si ribella alla gravità e mostra la sua lievità.
AMOUR

I bambini giocano nella terra dove tutto ha inizio. Si sforzano di scoprire il mondo trasformando il loro universo. Imitano i più grandi, con audacia e spensieratezza. Osano amare senza sapere cosa significhi veramente. Non esitano a farsi dei nemici prima ancora di avere in tasca la parola odio. Conoscono gli odori, la pelle, la carezza, l’abbandono, il rifugio, il desiderio. Non conoscono il tempo. E all’improvviso, sono passati più di sessant’anni. Ora, invecchiati, tirano fuori dalle tasche una moltitudine di parole che cadono come foglie appassite. Conoscono gli odori, la pelle, la carezza, l’abbandono, il rifugio, il desiderio. E, paradossalmente, non esitano a farsi dei nemici quando già conoscono il vero significato dell’amore. Conoscono il tempo. Quello che non sanno è che l’amore ci dà sempre una possibilità.
RE LEAR È MORTO A MOSCA

1948 13 gennaio, Minsk. Un furgone investe e uccide Solomon Michoels: di lui restano un orologio da polso fermo alle 10 di sera, due figlie e una moglie. Notte tra il 23 e 24 dicembre, Mosca. Venjamin Zuskin viene rapito nel sonno, interrogato, torturato e quattro anni dopo fucilato. Il grande Teatro Ebraico di Mosca, il Goset, perde Lear e il suo Matto. Il primo e unico Re Lear in yiddish non andrà mai più in scena. Il mandante di questi omicidi è Iosif Stalin. Solomon Michoels e Venjamin Zuskin: due attori ebrei, due amici, condannati per aver volato troppo in alto. Colpevoli di aver immaginato un teatro d’arte fatto di canti, danze, poesie e colori in lingua yiddish nell’Unione Sovietica di Stalin. Un viaggio in Russia per raccontare una storia vera ormai dimenticata, attraverso i dipinti di Chagall e i personaggi del Re Lear. Uno spettacolo di memorie da riscoprire, custodite al di là del palcoscenico. “Spegnete i lumi e soffiate il dolore; si chiude il sipario”
I TRE PORCELLINI granteatrino

Un lupo allergico e canterino, una gazza che predice il futuro a prezzi modici, due uccellini innamorati persi e, alla fine, i tre porcellini: ecco i protagonisti della fiaba che andiamo a raccontare. Pupazzi animati a vista da sembrare veri, musiche e canzoni coinvolgenti, case e casette che si montano e si smontano in scena sotto gli occhi divertiti degli spettatori e tanto altro ancora. Questigli ingredienti più importanti della nostra storia che, grazie adun ritmo originale e incalzante, vive come sempre dell’appassionata, gioiosa e totale partecipazione del pubblico di ogni età.
PETER PAN – Factory 2024

Peter Pan è la storia di un’assenza, di un vuoto che spesso rimane incolmabile, di un tempo che sfugge al nostro richiamo e che a volte si ferma, delle esperienze che ci fanno diventare grandi senza volerlo e troppo presto. L’ispirazione viene dalle avventure di Peter e Wendy e dall’atmosfera un po’ misteriosa del primo romanzo di James Matthew Barrie, Peter Pan nei Giardini di Kensington. Con lo stesso ensemble di Diario di un brutto anatroccolo, Factory si cimenta in questa nuova creazione attraversando temi fondamentali per la crescita dove sogno, vita e morte corrono sullo stesso filo e possono essere entrambe una grande avventura, a dirla come Peter.