DERRUMBE

La pièce analizza il concetto di ombra di Jung. Come la mente si relaziona al corpo attraverso l’azione, questo è lo spunto creativo da cui è nato lo spettacolo. L’esplorazione del comportamento umano sul palco fa emergere gli schemi di movimento e le dinamiche del corpo. Accettare e affrontare la propria ombra è un passo cruciale nel percorso verso l’accettazione completa del proprio sé,negare o reprimere l’ombra porta solo ad un aumento del suo potere su di noi.
STAY WITH ME (!)

Il tema delle relazioni romantiche, con le sue infinite forme ed espressioni, è una musa senza tempo. L’amore, spesso visto come un ideale sfuggente, sfida definizioni o limiti precisi, poiché la storia di ogni coppia presenta sfumature uniche. Il titolo “Stay with Me (!)”, ispirato alla canzone pop di Miki Matsumara del 1979 “Mayonaka no Door”, ha un doppio significato: “Non lasciarmi” e “Stai al passo con me”. La pièce non riguarda solo le relazioni; affronta la dinamica unica di una coppia immaginaria in cui i corpi e le menti si attraggono, si ritirano, si inseguono, si cercano e si trovano.
IL GIARDINO DELLE PAROLE

Quanto sono importanti le parole? Ne esistono di piene e di vuote, di pesanti e di leggere; in alcune, finiamo per crederci talmente tanto che diventiamo quella parola. E poi esistono parole che sono carezze, belle e leggere e che fanno del bene. E se esistesse un giardino di parole? Si può iniziare una guerra a causa delle parole? E la pace? Uno spettacolo dentro il cuore delle parole fino alla loro radice. Il giardino delle parole è la storia del paese di Alfabeta, un paese nel quale le parole vengono sognate durante la notte dai propri abitanti e raccolte sotto forma di semi dal pescatore di parole, il Signor Grammatica, per poi essere coltivate con cura dalla giardinolaia Gelsomina. Nel giardino tutte le parole sono preziose ed importanti, ma ce n’è una che è la più luminosa di tutte: la parola PACE, fondamentale per gli equilibri del regno. Tra gli abitanti di Alfabeta, riconosciamo Caretta una simpatica vecchietta che recupera e ripara parole vetuste, custodendole nella sua memoria e in ogni piccola storia; la maestra Amalia, un’insegnante severa ed esigente ma che nasconde un cuore tenero e la passione per il canto e, infine, la piccola Futura, una curiosa e vivace bambina che tutte le volte con i suoi mille “perché” travolge Gelsomina. Un giorno però, all’improvviso, la parola “Pace” si spegne. I sogni dei suoi abitanti si fanno agitati e pieni di rabbia. Il telegiornale riferisce le notizie come al solito… ma presto Grammatica e Gelsomina scopriranno che il responsabile del nuovo stato delle cose è il re di Alfabeta il quale, per bramosia di potere e presunzione di superiorità, ha deciso di dichiarare guerra al vicino paese di Silenzia. Riusciranno gli abitanti di Alfabeta a riportare in luce la parola Pace?
OTTO – Storia di un orsacchiotto

Lo spettacolo è ispirato all’albo illustrato OTTO – Autobiografia di un orsacchiotto. Due clown raccontano dell’amicizia senza tempo tra due bambini di religione diversa attraverso le vicissitudini del loro orsacchiotto di peluche durante la Seconda Guerra Mondiale. Otto è stata scritta appositamente per affrontare in modo costruttivo e delicato i temi della guerra e della pace con spettatori e spettatrici con cui in genere si fa difficoltà a spiegare tali tematiche, per arrivare a sensibilizzare anche ai temi della non violenza, dell’inclusione, del bullismo e del rispetto di tutte le differenze.
LA FAVOLA DI PETER

Peter ha una gemella: l’ombra. Sono “venuti alla luce” assieme. Sono cresciuti assieme. Hanno giocato assieme. Peter muoveva l’ombra e l’ombra aveva sempre idee meravigliose da offrirgli. Poi Peter cresce, fa le cose che fanno i grandi, non ha più tempo di giocare. L’ombra resta sempre lì, dietro di lui, in attesa di essere guardata di nuovo. Finché un giorno, si sono separati … e …. In scena, un attore e la sua ombra su uno sfondo bianco che giocano e interagiscono creando numerosi personaggi e mondi immaginari. Un linguaggio visivo onirico, poetico e ironico che parla a tutte le età con il linguaggio magico delle ombre.
ALGORITMO
In un futuro non troppo lontano, un uomo solo e smarrito si vede recapitare a casa un robot umanoide. Si tratta di “Martie”, una creatura dalle sembianze incredibilmente umane, in grado di acquisire, con sorprendente rapidità, qualunque tipo di informazione e che, attraverso un sofisticatissimo algoritmo, regola il suo comportamento in base agli stimoli ricevuti. Il protagonista, inizialmente diffidente, trova in Martie un’alleata perfetta, un’assistente in grado di risolvere tutti i suoi problemi e che lo aiuterà persino a ritrovare se stesso. Ma ad un certo punto, qualcosa non va come ci si aspetta. Lo spettacolo che ne segue è un mix esilarante di musica, tip tap, poesia, incanto, magia e ritmo. Attraverso un’ironica e creativa narrazione, lo show affronta temi come il progresso, l’identità, il patriarcato, la solitudine, il tempo, portando il pubblico a riflettere, ridendo, sui rischi e benefici dell’intelligenza artificiale.
BESTIA DA STILE

Come suggerisce Carmelo Alberti, Bestia da stile è un esperimento di teatro totale, una forma-dramma che si muove tra coordinate multiple tra mito e contemporaneità, tra vita poetica e storia delle società, tra soggettività e populismo. Il dramma segue le vicende del giovane studente di filosofia Jan Palach, il dissidente cecoslovacco che il 16 gennaio 1969 nella piazza San Venceslao di Praga si diede fuoco per protesta contro l’invasione sovietica, che aveva posto fine il 20 agosto del 1968 alla stagione riformatrice della “Primavera di Praga” di Alexander Dubček. Dopo un’agonia di tre giorni, in cui Palach rimase lucido in mezzo ad atroci dolori, si celebrarono i funerali, seguiti da 600.000 persone. Nella messa in scena, è il suono a dirigere le dinamiche agite dagli attori. Suono delle parole poetiche, memorie di altre parole che sono state l’impalcatura di una vita intera, di parole dette e ascoltate, parole della guerra e della natura, della Rivoluzione e della Libertà. Il testo di Pasolini, tessitura densa dei legami determinati dalle catene di parole, dove ciascuna parola e molteplicità d’altre parole, riproduce incessantemente suoni su suoni, in una sovrapposizione di forme significanti, a volte, ineludibile, come in una partitura di Henri Chopin, dove i “suoni dal corpo” sono rigurgiti delle profondità dell’anima. In questa speleologia sonora, dove la significazione è il risultato di un conflitto, noi scopriamo la vera essenza di un ideale, dalle parole di un testo autobiografico che è stato scritto come una tragedia greca, insorgendo contro la perdita di senso esistenziale, per il sogno di conquista della Libertà, quale opposizione al Capitalismo consumistico che, oggi, ci trascina nel suo gorgo inarrestabile, trasformandoci e “cambiando di stato”, fisicamente, ineluttabilmente, passando attraverso il fuoco nel cambio di materia che ci renderà immortali.
LE SERVE

La storia scritta da Genet – ispirata da un reale fatto di cronaca – è quella di due cameriere che allo stesso tempo amano e odiano la loro padrona, Madame. Genet presenta le due sorelle – Solange e Clare – nella loro vita quotidiana, nell’alternarsi fra fantasia e realtà, fra gioco del delirio e delirio reale in un rituale che è l’incarnazione della frustrazione: l’azione di uccidere l’oggetto amato ed invidiato, viene ripetuta all’infinito come un gioco. Tuttavia questo gioco non raggiunge mai il suo apice, la messa in scena che le due sorelle compiono viene continuamente interrotta dall’arrivo della padrona… Fino ad un punto di non ritorno. Veronica Cruciani (Premio della Critica e Hystrio), ambienta la vicenda in una città contemporanea, valorizzando dunque i temi, attualissimi, del potere e del genere. Il ruolo di Madame è affidato a Eva Robin’s, icona pop del transgender dall’originale percorso teatrale. A interpretare le bonnes, due giovani attrici cresciute alla Scuola dello Stabile di Torino: Beatrice Vecchione – già diretta da Malosti, Martone e Muscato – e Matilde Vigna, Premio Ubu 2019 come Migliore attrice under 35 e finalista 2022 per il Miglior nuovo testo italiano.
IO SONO FRANCO

Come si misura la vita di un uomo? Al contrario. La storia di Franco è la storia di un uomo che ha nel nome un destino: l’onestà. Franco ha il ‘vizio’ di riparare le cose, di farle funzionare. Franco è un uomo normale e di normale ha la vita, a famiglia, il lavoro. Fino a quell’ultimo giorno di marzo, quando, costretto a lasciare tutto, alla debita distanza, rileggerà sotto una nuova luce la sua città, i suoi amici, la sua infanzia, i suoi ragazzi, sua moglie, sua madre, suo padre, soprattutto. Guardandoli si renderà conto che non cambierebbe nulla di quello che ha fatto, rifarebbe tutto proprio così. Perché riparare è un gesto di cura, di attenzione e di responsabilità verso se stessi e verso gli altri. E la responsabilità è la possibilità della scelta, di dissentire per sentire quello che accade intorno. La storia di Franco è la storia di un uomo che ha nel nome un destino: l’onestà e la libertà. La storia di Franco è una storia che deve essere raccontata perché è una storia che non finisce mai.
ITACA PER SEMPRE

Itaca per sempre è un progetto teatrale che rilegge il mito di Ulisse con uno sguardo originale, tratto dal romanzo di Luigi Malerba. Diretto da Alessandra Pizzi e interpretato da Enrico Lo Verso, lo spettacolo affronta il tema del ritorno in una chiave nuova e sorprendente. Non è solo la storia di un viaggio epico, ma un racconto che scava nelle pieghe più profonde dell’animo umano, esplorando il confronto tra ciò che si è lasciato e ciò che si ritrova. Ulisse, dopo vent’anni di assenza, torna a Itaca, ma niente è più come lo ricordava. La terra è cambiata, il figlio Telemaco è ormai adulto, e Penelope non è più la donna che aveva idealizzato nei ricordi. In questa narrazione, Penelope non è solo l’emblema della fedeltà, ma una figura autonoma, che si è trasformata durante l’attesa, capace di sorprendere e sfidare Ulisse in modi inaspettati. Il loro incontro diventa un dialogo intenso e profondo, che pone domande universali sul cambiamento, sull’identità e sulla capacità di ritrovarsi dopo un lungo distacco. La regia di Alessandra Pizzi costruisce uno spazio scenico sobrio ma evocativo, in cui la parola, accompagnata dalla colonna sonora originale di Mirko Lodedo, diventa protagonista. Le musiche, potenti e suggestive, non si limitano ad accompagnare la scena ma amplificano le emozioni, creando un tessuto sonoro che guida lo spettatore attraverso il racconto. Enrico Lo Verso porta in scena un Ulisse umano e vulnerabile, lontano dagli stereotipi eroici, in cui convivono forza e fragilità, passione e dubbio. Itaca per sempre non è solo una narrazione teatrale, ma un’occasione per riflettere sul significato del ritorno e sulla difficoltà di riconoscere sé stessi e gli altri dopo un lungo viaggio, fisico e interiore. Uno spettacolo che unisce mito e attualità, offrendo una prospettiva unica su una storia senza tempo.