I COLORI DELL’ANIMA (Vincent Van Gogh)

Lo spettacolo (in tour ininterrotto da trenta anni) è liberamente tratto dall’epistolario “Lettere a Theo”, una testimonianza universale di fine ottocento, tra le più commoventi, all’altezza dei testi più elevati. Dal forte impatto emozionale, in un intreccio serratissimo tra arte e vita, la rappresentazione, sorretta da una certosina ricerca condotta anche in Olanda, è un suggestivo viaggio interiore nell’uomo-pittore Van Gogh, uno dei protagonisti più sconcertanti e più autentici dell’arte moderna. La sua unicità, come ha scritto il drammaturgo, attore e saggista Antonin Artaud ne “Il suicidato della società”, è nel riuscire a fare emergere dal cuore della pittura, qualcosa che va oltre l’opera, ne oltrepassa la natura aprendo una dimensione altra rispetto a quella del quadro. La sua estrema lucidità ci permette “di vedere più lontano, infinitamente e pericolosamente più lontano, del reale immediato e apparente dei fatti”. E nella scrittura delle lettere all’amatissimo fratello Theo ritroviamo gli stessi elementi, la stessa urgenza, energia, motivazione: Vincent scrive come dipinge! Si resta affascinati dalla tavolozza di tutti i colori della sua anima, dalla sua disarmante nudità, da quel profumo di autenticità e di verità umana che preesiste al pittore ed è la base prima della sua grandezza artistica.
NON È VERO MA CI CREDO Compagnia Teatrale A.Ge.A.

Questa divertente commedia del 1942 è uno dei capolavori meglio riusciti di Peppino De Filippo, tanto che nel 1052 divenne un divertentissimo film, ed ancora oggi è molto rappresentato: il suo tema conduttore è la superstizione. Molti di noi, si sa, hanno i loro portafortuna, oppure fanno piccoli rituali, che ci fanno sentire più tranquilli e sicuri quando ci troviamo ad affrontare le diverse prove quotidiane. Ma, purtroppo, c’è chi di questi amuleti e rituali ben auguranti ne fa una ragione di vita! E questo è proprio il caso del protagonista della commedia, il ricco industriale napoletano Gervasio Savastàno. Egli è letteralmente schiavo della sua superstizione, tanto da farne una vera ragione di vita. Oltre a farne le spese sua moglie Teresa e sua figlia Rosina, ne è ingiustamente vittima un suo impiegato, il ragioniere Belisario, licenziato in tronco da Gervasio che lo considera uno iettatore. La superstizione del commendatore Gervasio Savastàno non conosce limite né pazienza. Corna facendo e rifacendo, tutto sembra congiurare contro di lui e i suoi affari: i venerdì, i gatti neri, quello iettatore patentato annidato fra i suoi dipendenti. Savastàno non sa più che fare, o forse sì?
CIPRIA

Cipria incarna, nella sua protagonista Lora DuMond, l’essenza della femminilità, la Diva, l’eroina di sé stessa… il riscatto femminile, la femmina folle, l’assassina in un’esplosione di sensualità e comicità senza peli sulla lingua, e inaspettata saggezza.
IL PADRE DELLA SPOSA

Lo spettacolo descrive, in modo a tratti grottesco, quelle che sono le preoccupazioni e i maneggi di un padre del tutto impreparato al fatto che la sua unica figlia possa convolare a giuste e felici nozze. Il distacco fisico, che avrebbe visto padre e figlia lontani, e la presenza amorosa del fidanzato nonché futuro marito Manfredi, vengono interpretati come un allontanamento anche dal punto di vista affettivo. È per questo motivo che, complice anche il poco preavviso della decisione delle nozze da parte dei due giovani innamorati, Giovanni (padre della sposa) mette in atto i più improbabili sotterfugi per impedire il matrimonio e screditare Manfredi agli occhi di sua figlia, Katy. Nella trasposizione teatrale dell’Associazione Culturale Teatro Adelfia ACTA, attraverso la riduzione e adattamento scenico del regista Antonio Di Benedetto, il plot viene, per certi versi, calato in quella che è l’attualità del mondo wedding del nostro territorio barese, compreso ciò che concerne l’organizzazione di una festa nuziale. Il tutto si traduce in due atti densi di scene esilaranti, costellate da personaggi improbabili.
TRAPPOLA PER TOPI – il cielo di carta

Una scena pensata come uno spazio onirico, senza tempo e ristretto. Non vi è l’ambientazione naturalistica e borghese di un salotto ma viene sperimentato uno spazio total white che ingoia i protagonisti come in quadro, in un meccanismo ad orologeria dove tutte le azioni sono studiate e programmate e danno una veste ad una storia di relazioni di coppia dinamiche e delittuose di tipo contemporaneo ma dal sapore antico. Infatti “Trappola per topi” non è altro che la madre di tutti i gialli, i crimini ed i delitti in quanto è il nome della messa in scena di teatro nel teatro che compie Amleto per smascherare l’assassinio del padre e da questa fonte originaria e ancestrale si sviluppa l’idea. La manipolazione che i personaggi compiono su se stessi e sull’altro ricordano un carillon che muove verso una violenta dissacrazione della coppia. Forse non è possibile salvarsi, forse è solo possibile adeguarsi…… Da moderna commedia noir tentiamo di entrare in una tragedia antica, quella della guerra di coppia, che tocca i temi dell’abbandono, della salvezza e del possesso, con una messa in scena a tratti clownesca per dipingere il divertimento di grottesco in pochi passaggi estremi. Un misterioso incidente. Lui chi è? E chi è sua moglie? Com’era la loro vita di coppia? E se qualcuno mentisse? Attraverso il serrato dialogo e i continui colpi di scena si fa strada una verità inattesa. Lo spettatore si trova continuamente spiazzato. A chi bisogna credere?? Le luci sempre più crepuscolari e le musiche sempre più ossessive, i suoni ed i rumori delle azioni ci porteranno in un mondo dove mentire è chiaramente un gioco.
IO & MIRYAM

Helene, ballerina e cantante dei Night Club nella Berlino a cavallo tra gli anni ’30 e ’40, si ritrova, anni dopo, a chiudere la sua carriera dilaniata dai ricordi di un amore “speciale” stroncato dalla follia nazista. Prima della sua ultima esibizione, in preda al tormento e alla difficoltà ad intonare le canzoni della scaletta in programma, decide di raccontare la sua storia d’amore con Miryam, ballerina e cantante come lei, con cui si esibiva in quel periodo. Tutto nasce nella complicità artistica ma che, pian piano, evolve in passione e sentimento: un sentimento che non era previsto dal regime che nel frattempo aveva preso il potere in Germania. Non previsto, soprattutto, se Miryam è anche ebrea. Per questo entrambe vengono deportate e separate ad Auschwitz e di Miryam, perderà le tracce. Non si perderanno, invece, i ricordi della crudeltà, della violenza e della sopraffazione del genocidio in atto. Nel racconto, Helene, attraversa tutte le tappe del loro amore e del suo epilogo, attraverso i brani che ne caratterizzavano le loro performance artistiche nei Night Club berlinesi. Nel finale, il greve sentimento, sfocia in un drammatico J’Accuse al genere umano. Quasi come un PM impietoso, Helene elenca gli stermini di massa che hanno preceduto e seguito la Shoah: una lista politicamente corretta e terrificante. L’amore totale, puro, cristallino, che trascende gli eventi, diventa un vessillo, un simbolo della lotta a qualsiasi forma di omofobia e di discriminazione razziale. E Miryam? Sarà riuscita a sopravvivere come Helene, salvata e riportata alla vita, dall’arrivo dei carri armati russi?
LA CITTADINA VATICANA EMANUELA ORLANDI

Il caso Orlandi è il più grande caso di depistaggio nella storia d’Italia. Emanuela, che è cittadina vaticana in quanto abita nelle mura dello Stato papale e il padre è un impiegato della Santa Sede, viene rapita il 22 giugno del 1983 mentre Papa Giovanni Paolo II è in Polonia per quello che verrà ricordato come il viaggio che frantumò l’Unione Sovietica. Perché la mattina del 23 giugno il Segretario di Stato Vaticano sente il bisogno di “disturbare” Woytila in Polonia per avvisarlo della scomparsa di una ragazzina che può benissimo essere rimasta a dormire fuori con un ragazzo? Perché è lo stesso Woytila il primo a parlare, durante l’Angelus del 3 Luglio, di rapimento e non di semplice scomparsa? Perché si crea ad arte la “pista internazionale” depistando fino al 1997 tutta l’indagine? Perché la polizia e i servizi segreti non indagano sulle testimonianze degli amici di Emanuela interrogati i primi giorni dalla scomparsa? Perché il Vaticano prima ammette che esiste un “dossier Orlandi” poi smentisce categoricamente di possedere carte relative alle indagini? E poi le tre archiviazioni, la Banda della Magliana, i servizi segreti, la basilica di Sant’Apollinare, la pedofilia, lo IOR. Perché, perché, perché… Ma alla fine l’unica domanda che conta rimane una sola: dov’è Emanuela?
NICO SALATINO CONCERT

Tra la musica e il cabaret il filo è sottile e questo lo insegna Bertolt Brecht. Satira di costume, satira politica e per concludere satira sulle conseguenze del lockdown il tutto accompagnato dalle canzoni di Nico Salatino in un percorso ironico – brillante.
GENTE DI FACILI COSTUMI

Andato in scena per la prima volta nel 1988, con lo stesso Nino Manfredi nei panni del protagonista, questo testo è considerato ancora oggi uno dei più eclatanti apparso sulle scene teatrali italiane negli ultimi decenni. Protagonisti della pièce sono Anna, nome d’arte sul lavoro “Principessa”, una prostituta che sogna di diventare “giostraia”, che rincasa tardi la notte, disordinata e rumorosa che, ovviamente, disturba l’inquilino del piano di sotto, che soffre d’insonnia. E Ugo, un intellettuale che vivacchia scrivendo per la tv e per il cinema, l’inquilino del piano di sotto, che sogna di fare un film d’arte, e avrebbe bisogno di un po’ di tranquillità per concentrarsi. Ma che ovviamente non riesce a dormire né a lavorare a causa di Anna. La vicenda prende il via la notte in cui Ugo sale al piano di sopra per lamentarsi con la coinquilina rumorosa e lei, per la confusione, lascia aperto il rubinetto dell’acqua della vasca allagando irrimediabilmente l’appartamento di lui. Ugo sarà costretto quindi, anche a causa di uno sfratto, a trovare rifugio dalla “Principessa”. Con questa convivenza forzata inizia un confronto/scontro costellato di incidenti e incomprensioni, ma anche un curioso sodalizio, dove ciascuno da all’altro ciò che ha. Le reciproche posizioni vanno mano a mano ammorbidendosi perché diventa chiaro che ad incontrarsi non sono solo due vite agli antipodi, ma soprattutto due sogni all’apparenza irrealizzabili. Dal confronto tra Anna e Ugo nasce un turbine di disastri, malintesi, ilarità e malinconie pienamente in sintonia con l’immagine che il loro autore, Nino Manfredi, ha lasciato nel ricordo di ognuno di noi. Ecco come Manfredi presentava la sua pièce: «Gente di facili costumi è una commedia che sviluppa, in maniera paradossale, un fondamentale problema etico. In una società come la nostra, dove tutto si avvilisce e si corrompe, che valore hanno ancora l’onestà, la dignità, il rispetto dei più profondi valori umani? Lo sport […] diventa sempre più truffa e violenza. Gli ideali politici […] difendono gli interessi più strettamente privati. La creatività e la fantasia sono messi al servizio dell’imbonimento pubblicitario […]. Senza continuare a fare altri esempi, è evidente che viviamo in una società in cui i valori più elevati vengono svenduti e liquidati, perché il bello, il buono e il vero sono asserviti all’utile».
SERGIO CAPUTO TRIO

Sergio Caputo Trio è un trio vocale e strumentale che costituisce il progetto base di Sergio Caputo. Una formazione pop-jazz unica nel suo genere, capace di creare un ensemble di forte impatto. Il Sergio Caputo Trio è il motore ruggente di ogni altra possibile band del cantautore romano, ed è caratterizzato da un tale affiatamento da potersi definire “telepatico”, capace di affrontare ogni brano con una visione originale e d’improvvisazione anche sui brani storici, senza mai perderne la magia, e sempre in grado di stupire il pubblico. Il Sergio Caputo Trio ha al suo attivo una storia di club storici e teatri di prestigio, ed è un progetto musicale solido e ben delineato che si propone di durare nel tempo.